La Storia di una Vacanza – parte terza

Pubblicato il 10 Febbraio 2025

PANTA REI

Immersi nella frenesia della vita adulta, fatta di lavoro, impegni e responsabilità, il pericolo più grande per gli esseri umani è quello di perdere di vista l’essenza delle cose. Per mia grande fortuna il lavoro che svolgo mi dà la possibilità di tenere lo sguardo ben chiaro su quello che conta davvero.

Qualche anno fa sono stato messo in contatto con una famiglia che cercava un educatore per il loro figlio maggiore, S.

S. è un ragazzo con una disabilità fisica che non gli permette il movimento degli arti. All’epoca del nostro primo incontro aveva 15 anni. Fui subito colpito dal suo sguardo incredibilmente profondo ed espressivo che incoronava un sorriso caldo che, di tanto in tanto, lasciava spazio a quelle smorfie tipiche di chi si prepara a prendersi gioco del mondo degli adulti. Con la sua mente sagace e il suo carattere fiero e bonario S. mi ha condotto verso un mondo fatto di gesti impercettibili, di sfumature di sguardi e suoni stravaganti.

Sono rimasto con S. per più di un anno, fino a che le incombenze della vita mi hanno riportato al Sud dove sono nato e cresciuto.

Ma quello che era nato tra me ed S. era un legame d’amicizia vero e profondo, e, come tutti i legami di questo tipo, la distanza non è sufficiente a scioglierli. Sentivo che insieme, S. ed io, avremmo potuto fare qualsiasi cosa, e che il futuro avrebbe avuto in serbo per noi nuove ed emozionanti esperienze.

La mia sensazione si è trasformata in desiderio e, come nelle fiabe, il desiderio è stato esaudito. Quando la scorsa estate ho ricevuto la chiamata da parte dei genitori di S. per chiedermi se fossi disponibile ad accompagnare S. al Summer Camp organizzato dalla Fondazione Time2 a Bardonecchia non ho nemmeno dovuto pensarci, ho fatto le valigie e sono partito.

Per S. era la prima volta fuori casa senza papà e mamma, dunque la nostalgia e la paura dell’ignoto sono state delle emozioni nuove da gestire, lo abbiamo fatto insieme, come fanno gli amici. Per me era la prima volta che affrontavo una responsabilità così grande nei confronti di una persona che dipendeva da me in tutto e per tutto e non ero sicuro di riuscirci, S. è stato paziente e mi ha aiutato, come fa un amico. Entrambi alla fine della settimana eravamo felici e più uniti che mai, ci sentivamo cresciuti entrambi e ricchi di nuovi ricordi, con la voglia di crearne di nuovi e nuovi ancora. Grazie alle attività svolte e alla partecipazione di tutte le persone che lavorano per la Fondazione abbiamo potuto sperimentare una realtà dove non esistono barriere tra la disabilità, la natura e lo sport. Sono stato molto fiero di S. si è messo in gioco ed è riuscito a rendersi conto che ci sono dei limiti che accomunano ogni singolo ragazzo adolescente, sta a noi, come comunità fatta di adulti, mettere nelle condizioni i ragazzi di affrontare quei limiti e provare a superarli, con i tempi e con i modi più adeguati a ciascuno di loro.

In questo fiume che scorre, in questa costante trasformazione della realtà in altro da sé, c’è un atto di immortalità che ognuno di noi può compiere che consiste nel donare un po’ del nostro tempo al tempo dell’altro. Ringrazio S. che mi permette di fare questo in dei modi che mai avrei immaginato. Ringrazio in maniera speciale il papà e la mamma di S. perché senza il loro spirito e la loro volontà nulla di tutto questo sarebbe stato possibile.

M.